Comincia la rivoluzione

 

Sì, perché di questo si tratta. Per la prima volta utenti, industrie di elettronica professionale e di consumo, broadcaster si trovano uniti sotto lo stesso segno: il digitale terrestre.

Inizia la Gran Bretagna

Altri Paesi in Europa ci hanno preceduto nello sperimentare a "grandezza naturale" questo modo di trasmettere, con risultati diversi da realtà a realtà.

Cominciò la Gran Bretagna già tre anni or sono in un mercato largamente dominato dal monopolista satellitare Sky. L'offerta terrestre concorrente (a pagamento) fu un autentico fiasco: 300.000 abbonati in un anno a fronte dei 5 milioni e passa di Rupert Murdoch. Rapida liquidazione della società incaricata della gestione del bouquet e conversione dell'offerta al gratuito. Nacque così FreeView, con enorme successo. La BBC da sola ha "sfornato" una decina di canali regionali e tematici che hanno subito incontrato il favore del pubblico anche grazie all'alleanza col privato Pearson.

ITV, dal canto suo, ha trasferito tutti i suoi canali nel bouquet.

Molti sono i servizi interattivi previsti. Nessuna concorrenza col satellite, almeno per la BBC: tutti i servizi ricevibili via terra lo sono anche dal satellite Astra 2A, da alcuni mesi in chiaro e dunque non più legato formalmente all'offerta Sky.

 

Poi altri…

Oggi si affacciano sul mercato Spagna, Francia, Germania, Austria e Svizzera. Tutte queste realtà si caratterizzano per un approccio largamente regolamentato delle competenti autorità di vigilanza sulla radiotelediffusione che hanno rigidamente stabilito in anticipo modalità tecniche e, soprattutto, l'offerta che partirà di qui a pochissimo dalle varie reti trasmittenti.

 

In Italia

L'Italia arriva al passaggio al DTT forse un in ritardo, con storici problemi strutturali del sistema radiotelevisivo, con complessi conflitti e contraddizioni di ordine industriale e politico, con risorse interne potenzialmente eccellenti e con un approccio sostanzialmente "liberista". L'approvanda legge Gasparri, infatti, regolamenta senza vietare (al massimo non prevede) lasciando al cosiddetto "libero mercato" la decisione di stabilire modalità e contenuti dei bouquet.

 

Ma cosa invoglierà lo spettatore medio al grande passaggio? Dunque, anzitutto l'offerta di canali che sarà moltiplicata per dieci senza dover toccare il proprio impianto d'antenna esistente: ogni "provider" potrà convogliare nella sua banda da 7 MHz fino a 6/10 emittenti differenti senza contare eventuali servizi interattivi. Poi, un notevole miglioramento qualitativo della ricezione, paragonabile a quella satellitare. L'unico neo è che per un reale salto di qualità, a livello tecnico, dovremo affidarci alla serietà dei providers: compressione statistica, 16/9, stereofonia -magari con Dolby Surround / Dolby Digital -, doppio audio, sottotitolazioni, ecc. saranno tutte opzioni lasciate alla discrezione di chi trasmette. Infine, una maggior facilità di ricezione: anche le zone oggi considerate "difficili" potranno godere di un segnale impeccabile. Non si risolveranno di certo i problemi delle zone non coperte tout court, ma di certo diminuiranno i disagi di coloro che sono "al limite" della ricevibilità.

 

Per le aziende costruttrici è una manna: agli utenti nuovi decoder, nuovi televisori, nuovo impulso alla commercializzazione di accessori oggi considerati d'alta gamma, come home-theatre, televisori al plasma, videoregistratori digitali (PVR o DVD), ed ai broadcasters nuovi prodotti professionali, come modulatori, trasmettitori, antenne, attrezzature per la produzione, il trasporto e l'emissione dei contenuti totalmente in tecnica digitale.
 

Per i broadcasters dovrebbe essere un' altra manna, con RAI, Mediaset e Telecom Italia tutte a capofitto nell' avventura, mettendo in gioco grossi capitali per l'adeguamento degli impianti e per l'acquisto di nuove frequenze su cui trasmettere, attingendo da coloro che già hanno in concessione dei canali e che sono disposti a cederli.

Per le emittenti che intraprendono nel DTT dovrebbe essere come passare dal mercato delle auto utilitarie a quello delle auto di lusso. Infatti dove oggi con il sistema analogico passa un solo canale televisivo, con il DTT ne potranno passare fino a 10, con una migliore qualità audio/video, con nuove prestazioni e nuovi contenuti anche di carattere interattivo, interfacciando i nuovi ricevitori digitali terrestri alla rete telefonica ed internet, con la possibilità di mangiarsi fette di una torta pubblicitaria più grande o comunque più gustosa e di offrire e commercializzare nuovi servizi, nuovi format sia gratuiti che a pagamento, sia per gli spettatori che per le imprese.

Per gli inserzionisti pubblicitari dovrebbe essere interessante la possibilità di raggiungere e diversificare i propri target, utilizzando mezzi molto più evoluti, efficienti ed affascinanti.

 

Per gli utenti televisivi il passaggio al DTT dovrebbe essere vantaggioso come con il passaggio dal bianco e nero al colore, come con il passaggio dal monopolio RAI al duopolio RAI/MEDIASET, come con il passaggio dal sistema di ricezione terrestre a quello satellitare, come con il passaggio dalla TV generalista alla TV tematica, senza perdere di vista il rapporto costi/benefici.

Per lo Stato sarà interessante utilizzare un nuovo mezzo, teoricamente alla portata di tutti, molto più del computer, per avviare progetti di e-government e quindi di modernizzazione della Pubblica Amministrazione.

 

Per sfruttare interamente queste potenzialità, i decoder DTT detti box interattivi, dovranno avere un canale di ritorno garantito dalla presenza di un modem, come quello con cui i computers si collegano ad internet tramite il comune telefono fisso, oppure dovranno avere una porta con cui interfacciarli agli accessi a larga banda tipo ADSL o fibra ottica. Dovranno avere inoltre un sistema operativo con funzioni dedicate all'interattività (in Italia si è scelto il sistema standard MHP). Dovranno avere eventualmente sia l' uscita audio digitale che quella audio analogica per gli impianti Home Theatre. Dovranno avere una intrinseca facilità d'uso. Il prezzo di mercato di un decoder di questo tipo è indicativamente intorno ai 300 Euro.

Queste tecnologie al momento nessuno è in grado di regalarle e per questo ci saranno contributi governativi a sostegno del passaggio al decoder digitale terrestre (si parla per il momento di cifre del'ordine di 150 Euro di contributo governativo per un milione di decoder iniziali). In Italia il passaggio totale al DTT con conseguente cessazione del servizio analogico, avverrà entro il 2006 e riguarderà oltre 50 milioni di famiglie, ognuna delle quali dovrà quantomeno adattare ognuno dei televisori in proprio possesso per poterli utilizzare oltre tale scadenza.

Esistono decoder DTT più semplici e quindi più economici, detti zapper box, che aiuteranno gli italiani nel passaggio, magari destinando questi apparecchi ai televisori domestici secondari. Gli zapper box serviranno solo per sintonizzare i canali radio e tv digitali. Nessun modem, nessuna funzione interattiva, nessun e-government, nessun altro gadget. Questi decoder pare che non avranno alcun contributo governativo e pare che anche questi nessuno sia disposto a regalarli. Il prezzo di mercato di un decoder di questo tipo è indicativamente intorno ai 150 Euro.

Insomma, tutti contenti? Apparentemente sì.

Qualche riflessione per terminare: che ruolo avrà la RAI come servizio pubblico in tutto ciò? Quale futuro ci sarà per l'emittenza locale? Quali i contenuti della nuova e più ampia offerta radiotelevisiva? Quale il ruolo della politica, dell'industria e della società? Il periodo di transizione di due anni sarà sufficiente affinchè questo nuovo sistema nasca e cresca godendo di una sana e robusta costituzione? Essendo la televisione non solo un simpatico e piacevole mezzo di intrattenimento ma anche un moderno strumento di informazione, il passaggio al nuovo sistema garantirà un giusto spazio ed equilibrio dei pensieri? Inoltre, essendo la televisione anche un eccellente business di rilevanza strategica per un paese industrializzato come il nostro, il nuovo sistema DTT saprà garantire la giusta e sana competizione tra le imprese in gioco e il libero e rispettoso accesso ad una risorsa pubblica (l'etere) da parte di eventuali imprese italiane e straniere interessate a giocare questa nuova interessante partita? Ed infine, le nuove regole sono migliori delle vecchie e tutelano questa risorsa pubblica iniziando una nuova partita prima ancora che sia terminata la vecchia?


La discussione è indubbiamente aperta.